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Nonni e nipoti: un rapporto indissolubile

Un legame eterno

L’evoluzione sociale ha portato con sé delle significative trasformazioni in ambito culturale travolgendo anche la figura dei nonni che certamente, oggi, non possono essere più paragonati a quelli di una volta!

Anche loro si sono adattati al cambiamento dei giorni nostri e vivono una vita decisamente più dinamica. Possiamo sostenere che i nonni di oggi, i nonni moderni, posseggono una mente molto più elastica rispetto al passato che ha consentito il loro aggiornamento al cambiamento sociale.  I nonni moderni sono meno vecchi dei loro predecessori, ad esempio hanno imparato ad utilizzare il telefonino, ad essere più giovani ed indipendenti, a curare maggiormente la loro persona, sono flessibili e proiettati verso le novità.

A questo stato si è giunti grazie alla maggiore collaborazione e presenza che i nonni assicurano ai loro figli. Così i nonni moderni, che godono di parecchio tempo libero, si mettono a disposizione dei loro figli sostituendosi, spesso, alle figure genitoriali donando sostegno emotivo e a volte anche economico, contribuendo a svolgere mansioni e a prendersi cura dei nipotini.

Il tempo che i ragazzi trascorrono insieme ai loro nonni contribuisce a creare un rapporto di complicità e i confini della triade padre – madre – figlio si ampliano, arrivando a coinvolgere sempre più anche i nonni paterni e materni, fino a raggiungere l’intero nucleo familiare, composto da ascendenti e discendenti. 

I nonni rispetto ai genitori vivono una condizione molto più agevolata e grazie alle loro esperienze e saggezza offrono supporto nei momenti difficili della vita di un bambino elargendo pareri e suggerimenti e trasformandosi in punto di riferimento e ristoro per i giovani. Proprio per questo motivo si ritiene che nonni e nipoti instaurino un legame unico e singolare che spesso genera in una affinità che non sempre i ragazzi riescono ad avere neppure con i loro genitori.

Ma cosa succede quando la coppia si separa? 

È inevitabile che la separazione tra coniugi/partner coinvolga l’intero nucleo familiare di appartenenza compromettendo i rapporti con i nonni. Spesso accade che la collocazione dei minori presso un genitore, attenui (ma a volte addirittura elimina) il rapporto con la famiglia di origine del genitore al quale è attribuito il diritto di visita.

Il nostro codice civile contiene delle norme molto importanti che contemplano diritti e doveri che coinvolgono l’intero nucleo familiare.

Ad esempio l’articolo 315-bis stabilisce che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”; oppure l’ articolo 316-bis ci dice che quando i genitori non hanno mezzi sufficienti per mantenere i figli, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori i mezzi necessari affinché possano adempiere ai loro doveri; o ancora l’articolo 317-bis  prevede che gli ascendenti (nonni, bisnonni, zii e prozii fino al quarto grado di parentela) hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore;

E se il diritto dei nonni viene leso?

Come abbiamo appena letto i genitori non possono impedire ai nonni di intrattenere rapporti con i loro nipotini. La legge garantisce loro il diritto di mantenere i rapporti con i nipoti e qualora il diritto venga leso i nonni potranno rivolgersi al tribunale affinché il giudice adotti un provvedimento che consenta loro di incontrare e trascorre del tempo con i nipoti. 

Il giudice considererà sempre superiore e prevalente l’interesse del minore ad intrattenere rapporti anche con loro perché, come sopra evidenziato, la frequentazione dei nonni contribuisce al sano equilibrio dei giovani ed è funzionale alla loro crescita.

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La figura del mediatore familiare

Chi è il mediatore familiare?

Il mediatore è una figura altamente professionale terza ed imparziale che grazie a particolari tecniche di mediazione e negoziazione nella gestione del conflitto, assiste le parti aiutandole a trovare una soluzione alla loro lite.

La competenza del mediatore è utile nella gestione delle controversie presenti tra le coppie che hanno deciso di sciogliere il vincolo matrimoniale, tra i conviventi, nel caso in cui siano presenti figli o nelle ipotesi di conflitto con il resto del nucleo familiare, con i nonni, con i fratelli e così via.

Il mediatore faciliterà la comunicazione tra le parti guidandole nella discussione e indirizzandole ad una comune intesa.

Quali sono le caratteristiche del mediatore?

Il mediatore per svolgere al meglio la sua funzione deve possedere determinate caratteristiche.

1)  Il mediatore deve essere distaccato ma non assente!

Essere distaccato significa porsi in una posizione al di fuori dalle parti, ciò avviene per consentire al professionista di non schierarsi né per l’una né per l’altra parte. Soltanto in questo modo permetterà la sua imparzialità.

2) Il mediatore, deve essere autorevole ma non autoritario!

Il mediatore non decide per gli altri esercitando arbitrio o giudizio. Tuttavia, grazie alla sua professionale autorevolezza aiuta le parti a riequilibrare il loro rapporto portando la comunicazione ad un livello simmetrico.

3) Mettersi nei panni dell’altro senza confondersi con l’altro!

L’empatia facilita il lavoro del mediatore, perché così facendo riesce ad avere una situazione più chiara delle problematiche e delle difficoltà altrui ascoltando le parti.

4) Provare affetto e calore senza bruciarsi! (born out)

Il mediatore si pone in stretta relazione con le parti con tutta la sua empatia, in modo da apprendere e conoscere i sentimenti altrui. per tale motivo è necessario porre dei confini ben precisi tra il proprio Sé e ciò che è diverso da Sé. In caso contrario, rischierebbe il cosiddetto born out, ossia il bruciarsi senza più essere in grado di gestire la situazione.

Come si diventa mediatore familiare?

Per diventare mediatore familiare è necessario aver conseguito la laurea in giurisprudenza, in psicologia, sociologia oppure in scienze della formazione o dell’educazione. Successivamente sarà necessario frequentare un corso di formazione in mediazione familiare e mantenersi costantemente aggiornati tramite la formazione continua, master, corsi specialistici.

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Il concetto della Bigenitorialita’

Cosa significa essere genitori?

Si dice che il lavoro del genitore sia quello più difficile del mondo, soprattutto oggi che l’evoluzione sociale ha contribuito a modificare valori e principi comuni. Ammettiamolo, la famiglia del mulino bianco non esiste! Accanto all’evento gioioso che caratterizza la nascita di un figlio, ve ne saranno nel futuro altri decisamente meno felici che richiederanno un forte senso di responsabilità e presenza costante del papà e della mamma. Essere genitori significa assumere un ruolo che ci accompagnerà per tutta la vita, anche quando i figli saranno grandi e a loro volta avranno creato un loro nucleo familiare. Per contribuire a realizzare la crescita dei nostri giovani i genitori hanno l’obbligo di indirizzare i figli verso la strada che li porterà al futuro, offrendogli delle basi solide per realizzare un sano percorso di crescita, finalizzato all’emancipazione e all’autonomia. Ma questo è un lavoro che si fa in due annullando, preliminarmente, il mito dei ruoli patriarcali che vedeva da un lato la donna, vestire i panni esclusivi della madre impegnata nella gestione della casa familiare e nell’accudimento della prole e, dall’altro, la figura del padre, roccaforte della famiglia.

Quando cominciamo a parlare di bigenitorialità?

Il principio della bigenitorialità è un concetto che nasce alla fine degli anni ottanta, quando si cominciò a diffondere l’idea che i bambini hanno il diritto di mantenere un rapporto stabile con entrambe le figure genitoriali e soltanto una collaborazione attiva della coppia può consentire stabilmente uno stabile progetto di crescita, di educazione e di assistenza della dei figli.

Nel nostro ordinamento giuridico i diritti del minore (e dei figli in generale) sono superiori a qualsiasi altro interesse e assumono un rilievo inviolabile, sia che si tratti di una famiglia amorevole, sia nelle ipotesi di famiglia disfunzionale. 

I maggiori problemi si riscontrano nei casi in cui i genitori, per le più svariate ragioni,   decidono di porre fine alla loro unione. In tali ipotesi risulta difficile riorganizzare la nuova  vita con quella del nucleo appena sciolto. Il problema, infatti, va oltre gli accordi di separazione ove le parti, nella maggioranza dei casi, regolano esclusivamente il di visita; di pernotto, il diritto di trascorrere le festività con i propri ragazzi o il diritto al sostentamento economico. Salvo ipotesi di grave conflitto, i figli minori sono sempre affidati ad entrambe i genitori (affido condiviso) ed anche se gli accordi scritti tra le parti, spesso non contengono specifiche tassative, la bigenitorialità impone che entrambi i genitori , in egual misura, dividano tra loro i medesimi compiti, ad esempio andare a prendere i figli a scuola, accompagnarli nello svolgimento di attività ludiche, aiutarli nei compiti, accompagnarli a sottoporsi a visite mediche.

Cosa dice la nostra Corte di Cassazione?

La giurisprudenza della Corte di Cassazione considera il principio della bigenitorialità come presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione (Sentenza Cassazione n. 18817/2015).

Il principio è di notevole rilevanza soprattutto nei casi di separazione dei coniugi/partner, poiché, in tutti questi casi, la presenza degli stessi deve essere maggiormente garantita, anche se non convivono più nell’originaria casa familiare, impegnandosi a garantire un rapporto quanto più stabile ed equilibrato possibile.

Si sa, l’amore tra due persone può anche finire, ma il rapporto con i figli è un legame per tutta la vita.

È necessario e doveroso che i nostri ragazzi siano esclusi dalle conflittualità che possono colpire la coppia e per questo motivo il genitore, tra gli altri, ha il compito primario di rassicurare il figlio facendogli capire, dialogando con lui, che anche se il papà e la mamma non vanno d’accordo su determinate questioni ciò non intaccherà il loro legame e la famiglia continuerà ad esistere.  

Cosa accade quando il rapporto è caratterizzato da una accesa conflittualità?

Nelle separazioni caratterizzate da una accesa ed insanabile conflittualità accade di  frequente che i minori vengano travolti da cerimonie di vendetta e rabbia da parte dei genitori che si incolpano a vicenda per la rottura del rapporto, oppure un genitore impedisce al figlio di frequentare l’altro o denigra il genitore incolpandolo della rottura del nucleo familiare e così via.

Simili comportamenti influiscono negativamente sulla sfera emotiva e cognitiva dei figli i quali assumeranno condotte ambigue che si manifesteranno in diversi modi. A volte potrebbero prendere le parti di uno o dell’altro genitore; potrebbero diventare capricciosi in cerca di attenzioni, oppure si distaccano dal papà e dalla mamma, o hanno un basso rendimento scolastico o al contrario si buttano a capofitto in qualche attività, nei casi peggiori possono abusare di alcol e droga sin dalla giovane età. A ben vedere tutto questo è sinonimo di disorientamento a causa dell’assenza di quei punti cardinali che solo un genitore può dare.

La nostra giurisprudenza considera la bigenitorialità non come una porzione matematica paritaria dei tempi di frequentazione del minore, ma richiama il diritto di ciascun genitore, e quindi anche dei figli, ad essere presente in maniera significativa nella sua vita (Sentenza Cassazione n.31902/2018). In altri termini è doveroso che il genitore si renda disponibile ad un costante rapporto con il proprio figlio, indipendentemente dagli accordi di separazione nei quali sono indicati, per l’appunto, quasi matematicamente orari di visita; giorni festivi; e weekend. Il minore deve coltivare e mantenere rapporti quanto più stabili con entrambi i genitori e questo è possibile soltanto con la presenza costante e l’affetto che i genitori, in posizione paritaria, devono incondizionatamente donare ai loro ragazzi

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La separazione consensuale: la procedura, l’accordo e i tempi.

L’amore è un percorso che due persone decidono volontariamente di intraprendere passo dopo passo. Può accadere però che la coppia, ad un certo punto del loro cammino si trovi a vivere una situazione di crisi che li porta a non tollerare più la convivenza.

La separazione è un istituto giuridico disciplinato dal nostro codice civile dagli artt. 162 e ss. che consente ai coniugi di sospendere gli effetti civili del matrimonio.

Se le parti pacificamente riescono a raggiungere un accordo sull’affidamento e collocamento dei figli, sull’assegno di mantenimento, sui rapporti patrimoniali e su altri aspetti, parleremo di separazione consensuale. I coniugi potranno decidere se essere assistiti da un avvocato per entrambi oppure da un avvocato per parte.

La separazione ha inizio con il deposito di un ricorso presso la cancelleria del Tribunale competente, ossia, quello dove uno dei due coniugi ha la residenza o il domicilio. La cancelleria formerà un fascicolo contenente il ricorso, le dichiarazioni dei redditi di ciascun coniuge, la copia dell’atto di matrimonio, lo stato di famiglia e i certificati di residenza. Successivamente al deposito del ricorso il Presidente del Tribunale fisserà l’udienza di comparizione delle parti. Durante l’udienza il Presidente avvierà un tentativo di conciliazione il cui scopo è quello di accertare se la volontà dei coniugi è quella di separarsi. Se il tentavo di conciliazione ha esito positivo, la fase della separazione si conclude e verrà redatto un verbale contenente la volontà delle parti a porre fine alla separazione. Qualora, invece, la volontà di sciogliere il vincolo matrimoniale persista, il Presidente darà lettura degli accordi raggiunti dai coniugi e le parti sottoscriveranno un verbale. A questo punto il Presidente, appurata la legalità delle condizioni poste nell’accordo di separazione, procederà all’emanazione del decreto di omologazione.

Compreso il procedimento, mi soffermo sugli accordi che contiene il ricorso.

Se dall’unione matrimoniale sono nati figli, l’accordo dovrà necessariamente contenere le statuizioni relative alla responsabilità genitoriale. L’art. 147 c.c. impone ad entrambi i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni. Un matrimonio può anche finire, ma le responsabilità genitoriale continuerà a persistere. I figli non possono (e non devono) subire le problematiche che hanno investito la coppia. Per questo motivo è necessario che i genitori, anche se separati, collaborino costantemente tra di loro, accantonando i reciproci dissapori per il bene dei giovani figli. Spesso accade (anche nei casi di separazione consensuale) che uno dei due coniugi si trovi a dover sopportare la scelta dell’altro di porre fine all’unione, animando così negativamente gli animi e ciò potrebbe influire sul rapporto con i figli. I genitori devono garantire un rapporto costante ed equilibrato con i loro ragazzi al fine di evitare l’allontanamento emotivo del genitore non collocatario. A tal fine è auspicabile una partecipazione attiva alla loro vita scolastica, ludica e ai loro hobby.

I genitori, inoltre, hanno l’obbligo di mantenere economicamente i figli anche se maggiorenni e non ancora percepienti reddito (e quindi non autosufficienti). Negli accordi di separazione per tale motivo si prevede che il coniuge versi all’altro un contributo di mantenimento in favore dei figli. La somma viene stabilita dalle parti proporzionalmente al proprio reddito. Da ciò si evince che i genitori hanno l’obbligo di sostenere le spese ordinarie e straordinarie in favore dei figli. Brevemente, le spese ordinarie sono le spese che rientrano nell’ordinario regime di vita del figlio e sono ricomprese nell’assegno di mantenimento; mentre le spese straordinarie, ossia le spese imprevedibili, sono corrisposte extra, normalmente nella misura del 50% (o in misura variabile pattuita dai coniugi) con necessità di consenso preventivo.  

L’accordo conterrà anche le statuizioni relative alla casa familiare. Probabilmente il genitore che maggiormente trascorrerà il tempo con i figli, avrà anche la possibilità di continuare ad abitare la casa collocandosi con loro. Anche in questo caso si tratta di accordi assunti liberamente dalle parti.

L’accordo inoltre potrà contenere tutte le determinazioni di carattere patrimoniale.

Quanto ai tempi di separazione, questi richiedono alcuni mesi che possono variare a seconda del carico di lavoro dei Tribunali.

Una piccola parentesi merita il tema dell’addebito. L’addebito, è una facoltà concessa ad un un coniuge di chiedere al giudice di accertare che la crisi coniugale sia stata causata principalmente dal comportamento scorretto dell’altro coniuge. Il giudice sarà quindi chiamato ad accertare se vi è stata la violazione doveri previsti dall’art. 143 del codice civile (fedeltà – assistenza morale reciproca – mancata collaborazione nell’interesse della famiglia). Nei casi di separazione consensuale l’addebito di separazione non può essere chiesto in quanto le parti non possono stabilire di comune accordo la responsabilità di uno, piuttosto che dell’altro. Tale accertamento potrà essere effettuato soltanto da un giudice.

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Come scegliamo il partner? La teoria dell’attaccamento

Per comprendere i motivi sottesi alla scelta del partner dobbiamo fare un accenno alla cosiddetta teoria dell’attaccamento, poichè la tesi ormai consolidata segue il principio secondo cui la scelta avverrà per somiglianza o differenza con il genitore di sesso opposto.

La scelta del partner è un processo interconnesso con la storia individuale di ognuno di noi in quanto, sovente, il nuovo partner viene scelto per somiglianza o differenza con il genitore di sesso opposto.

La teoria dell’attaccamento è stata elaborata dallo psicoanalista Jhon Bowlby nel 1969 ed in seguito sviluppata dalla sua allieva psicologa Mary Ainsworth nel 1989.

Secondo la Teoria di Bowlby la personalità di un individuo si forma fin dai primissimi anni di vita e uno sviluppo sereno della personalità dipende da un adeguato attaccamento alla figura di riferimento che, in genere, è quella materna. Il bambino ha una tendenza innata a ricercare e mantenere vicina la figura di un adulto (che è il suo caregiver di riferimento) soprattutto nelle situazioni di paura, pericolo e sofferenza. Secondo Bowlby l’attaccamento tra il bambino e la madre si ha già nei primi momenti della gravidanza, per proseguire poi con un vero e proprio scambio tra le due figure; pensiamo alla nutrizione, all’abbraccio, alla consolazione.

La teoria è stata rielaborata successivamente da altri studiosi (Lorenz e Harlow). Harlow, procedette ad un interessantissimo esperimento che vedeva protagonisti dei piccoli cuccioli di scimmia. Gli animali vennero affiancati davanti a due madri: una realizzata con un freddo metallo e con un biberon riempito di latte, mentre l’altra sempre di metallo ma avvolta da una calda coperta morbida. Tutti i piccoli di scimmia mostrarono preferenza per la madre coperta dalla calda stoffa. Ciò stava a dimostrare che non sempre la figura di riferimento è la madre e come i piccoli mammiferi, anche i bambini possono prendere come riferimento una persona che, nonostante non sia la madre che li ha nutriti, sia capace di offrire loro tutte le esigenze di cui il bambino necessita nel momento del bisogno (ciò che ad esempio avviene quando la madre, per le più svariate ragioni non è presente).

L’attaccamento che lega il bambino alla madre si fonda sull’osservazione del comportamento esplorativo e delle reazioni emotive del bambino nei casi di presenza e di assenza e separazione dalla mamma. Esistono quattro stili di attaccamento:

  1. attaccamento sicuro: si tratta di bambini che hanno avuto accanto una madre “responsiva” capace di rispondere adeguatamente alle loro esigenze. I bambini piangono se la madre si assenta e gli corrono incontro quando la madre ritorna, abbracciando il genitore e tranquillizzandosi in poco tempo. È un bambino curioso e fiducioso. Il bambino divenuto adulto saprà gestire le cause di stress, cercando conforto e sostegno nel partner o nei famigliari. La persona sicura presenta un elevato livello di consapevolezza riguardo ai periodi altalenanti che nella vita potrà incontrare e di volta in volta si impegnerà a superare le crisi che dovrà affrontare. Le persone sicure tenderanno a vivere storie d’amore durature e anche nei casi di separazione personale dal partner/coniuge avranno sviluppato i corretti strumenti per superare il lutto emotivo.
  2. Attaccamento evitante: i bambini con attaccamento evitante non mostrano angoscia quando il genitore e assente sono indifferenti alla separazione e alla solitudine. Nel momento in cui la madre ritorna il bambino evita la vicinanza stretta con lei e, quando lei si assenta nuovamente non piangono e non mostrano disagio. La madre è fredda e distante Il bambino in realtà mostra un segnale di difesa e tiene controllato il suo reale bisogno della mamma. Pertanto nei momenti di stress paura mettono in atto un comportamenti di falsa autonomia poiché hanno imparato a non esprimere le emozioni legate alla tristezza, alla rabbia e all’ansia; in pratica negano i loro bisogni in quanto credono che non saranno soddisfatti. L’adulto sarà una persona indipendente con difficoltà nell’esprimere e condividere i propri sentimenti, teme i legali e considera gli altri inaffidabili. Di fondo nascondono la paura di essere rifiutati e sopprimono la loro capacità di amare e lasciarsi amare.
  3. Attaccamento ambivalente: il bambino ha avuto una mamma che si prendeva cura di lui in maniera incoerente, in alcuni casi negligente, in altri sensibile. Il bambino in questi casi sviluppa ansia e rabbia; piange se viene lasciato da solo. Il bambino sa che i suoi bisogni non possono essere soddisfatti e in vita adulta sarà un partner insicuro, geloso poiché teme di perdere le persone che ama. Vivono di passione e idealizzazione dell’altro sesso, indirizzando paradossalmente l’attenzione sulle caratteristiche che odiano maggiormente. L’adulto ambivalente, ad intermittenza, a volte avrà una autostima positiva altre no e, a seconda dei casi, si potrà sentire amato dal partner oppure un non degno d’amore. Le relazioni che svilupperà saranno caratterizzate facilmente da ossessione e autorità perchè vive dentro di sé l’ansia da separazione. Potrebbe anche lasciarsi andare ad aggressioni fisiche.
  4. Attaccamento insicuro disorganizzato: in genere il genitore è minaccioso, violento o passivo. Al bambino viene trasmessa paura e la percezione dei suoi bisogni è molto confusa. In età adulta accuserà profonde insicurezze, avendo la tendenza a ricalcare l’aggressività che ha vissuto nell’infanzia. Nell’età adulta vivranno la realtà in maniera distorta e catastrofica e facilmente saranno portate a coinvolgimenti amorosi distruttivi con persone a loro volta violente ed aggressive. Anche lo sviluppo della comunicazione apparirà freddo. A loro volta potrebbero facilmente diventare partner e genitori maltrattanti.

Purtroppo non tutti hanno avuto la fortuna di ricevere l’amore e la giusta attenzione da parte dei genitori. Teniamo sempre a mente che anche le nostre figure di riferimento, a loro volta, hanno sofferto perchè non possedevano lo strumento adeguato per potersi salvare. È una trasmissione continua di dati che nella vita adulta può essere interrotta grazie ad un percorso di auto-consapevolezza e, se impossibilitati individualmente all’auto-guarigione, un percorso di psicoterapia finalizzato a curare le ferite dell’anima può risultare un valido aiuto.

Ognuno di noi merita di essere amato nella maniera più nobile del termine, ma prima dobbiamo cominciare a coltivare il rispetto e il riconoscimento in noi stessi e interrompere, così, quella catena che ci lega al passato.

Approfondimenti:

Ciclo di vita e dinamiche educative nella società postmoderna a cura di
Rosa Grazia Romano.

Manuale dell’attaccamento. Teoria, ricerca e applicazioni cliniche a
cura
di Jude Cassidy e Phillip R. Shaver.

www.stateofmind.it