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Sulla violenza

Cos’è la violenza assistita?

Per violenza assistita intendiamo l’esposizione frequente dei minori a forme di violenza che si consumano all’interno del nucleo familiare, sia nei confronti delle figure di riferimento, sia nei riguardi di altri minori.

Accade con frequenza che gli adulti pensino che quando i bambini sono distratti, giocano o dormono, non vedano e non sentano quel che accade intorno a loro. Niente di più sbagliato. In realtà i bambini, anche quelli appena nati, sono sensibili e recettivi a tutti gli stimoli; sono in grado di percepire il dolore e la sofferenza facendo esperienza della violenza nel loro campo percettivo e diventando, così, spettatori di uno scenario familiare fatto di soprusi e aggressioni.

La violenza assistita inevitabilmente si ricongiunge alla violenza domestica, ossia a tutti quei comportamenti in grado di provocare un danno fisico, psicologico, economico e sessuale a tutti i componenti della relazione familiare.

Molti autori fanno rientrare l’evento nell’area del maltrattamento psicologico definendolo come una  alterazione del pattern comportamentale (modelli relazionali).

Il Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso dell’Infanzia ha definito la violenza assistita come …qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su una figura di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; di tale violenza il bambino può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti“.

Le esperienze traumatiche sono collegate all’età e alla frequenza degli eventi ai quali il minore assiste. Minore è l’età, e abituali sono gli eventi, e maggiori saranno le difficoltà che il fanciullo affronterà nello sviluppo psico-fisico. Innumerevoli sono le problematiche che possono riscontrarsi in questi giovani testimoni: ansia, depressione, inquietudine, disturbi del sonno, scarsa socialità, aggressività, l’idea di valere poco, di non essere amati, isolamento forzato, sentirsi responsabili per i litigi dei genitori.

La violenza assistita intra-famliare è un fenomeno di difficile rilevazione in quanto, in genere, non vengono riscontrati segni fisici e tangibili sul minore. Secondo Montecchi (noto neuropsichiatra infantile) il danno evolutivo che il bambino riporta a seguito dell’esposizione ad un contesto familiare violento ed abusante può concretizzarsi in:

  • normalizzazione dei comportamenti osservati;
  • interiorizzazione dei comportamenti violenti;
  • identificazione con l’aggressore o con la vittima;
  • inibizione delle proprie sane valenze aggressive;
  • difficoltà o impossibilità ad accedere a sentimenti di rabbia, risentimento, poiché provocano paura e sensi di colpa.

I minori vittime della violenza assistita possono presentare deficit cognitivi – emotivi e socio relazionali. Assistendo impotenti a tali distorte dinamiche familiari imparano che nelle relazioni affettive l’uso della violenza è legittimo e, che la manifestazione dei loro sentimenti, emozioni ed opinioni, potrebbe generare un’ulteriore violenza. Tali fattori contribuiranno nello sviluppo della personalità del bambino.

Analogo discorso vale nei casi separazione conflittuale tra i coniugi /conviventi. Infatti è  stato osservato un aumento di comportamenti violenti e controllanti dei figli adolescenti verso la loro figure di riferimento; mentre  nei bambini in età prescolare e scolare tali comportamenti sono stati classificati come espressione di attaccamento disorganizzato.

La violenza assistita produce un danno sul minore in continua evoluzione, difficile da rilevare sia sul piano psicologico che su quello giuridico. È una sorta di danno invisibile che lascia segni e tracce indelebili nella mente del bambino provocandogli lesioni fisiche e morali degne di essere oggetto di tutela penale e civile.

La casa dovrebbe essere un luogo sicuro e protetto. Purtroppo per molti bambini si trasforma in un ambiente carico di paura e di angoscia.

In diritto: Il nostro codice penale prevede il reato di violenza assistita quale circostanza aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia. Secondo l’articolo 61 n. 11 quinquies aggrava il reato l’avere, nei delitti non colposi contro la vita e l’incolumità individuale e contro la libertà personale, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza. Seguendo questa linea, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la legittimazione del minore vittima di violenza assistita a costituirsi parte civile in un processo penale. Interessante è la lettura delle Sentenze nn. 45403/2016 e 18833/2018.

Nel primo caso la Cassazione era stata chiamata a pronunciarsi su un caso di violenza sessuale perpetrato ai danni di una donna la cui figlia era stata obbligata ad assistere all’atto da parte dell’imputato. La corte ha stabilito che può essere considerata anch’ella persona offesa del reato, in quanto la configurabilità di detta circostanza aggravante determina una estensione dell’ambito della tutela penale e, come tale, pienamente legittimata a costituirsi parte civile, essendo stata danneggiata dal reato.

Con la seconda pronuncia la Cassazione riconosce le ripercussioni negative nei processi di crescita e sviluppo della vittima di violenza assistita.

Approfondimenti:

Luberti, Pedrocco, Biancardi: La violenza assistita intrafamiliare – Percorsi di aiuto per bambini che vivono in famiglie violente.

Montecchi: Gli abusi all’infanzia.

Mazzaglia: Il danno invisibile nella violenza assistita da minori tra aspetti penali, civili e psicologici.